Consiglio Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali

Newsletter ODAF Piemonte e Valle d'Aosta - Numero 1 - Ottobre 2016

 

Piano di Azione Nazionale per l'Uso corretto dei fitofarmaci

 

Da alcuni mesi sono pienamente operative le norme del D.to Lgs.vo 14 agosto 2012, n. 150 (GU n. 35 del 12/2/2014) conosciuto come PAN o Piano di Azione Nazionale per l'Uso corretto dei fitofarmaci, che modifica radicalmente le norme per l'uso dei diserbanti tradizionali, specie nelle in aree urbane, ed in generale in agricoltura.
La normativa sottolinea come l'acquisizione e la corretta gestione di fitofarmaci per ogni uso e di ogni tipologia sia consentito solo a chi è in possesso del Patentino regionale seguendo regole precise (stoccaggio, gestione dei formulati e smaltimento dei contenitori) che tutti sono tenuti a rispettare.
Ciò vale in particolare per gli Enti Pubblici che intendono procedere alla gestione del verde urbano e non mediante appalti o con dipendenti propri, per cui ci si deve assicurare che i requisiti previsti dalla normativa siano in possesso non solo dei dipendenti ma anche - caso più frequente - di chi esegue i lavori a seguito di appalto. In caso contrario le sanzioni si applicano anche all'Ente Pubblico appaltante.
Nello specifico, in modo circostanziato e puntuale, il Decreto detta nuove norme per l’utilizzo di diserbanti chimici in ambienti urbani, con particolare riferimento alle misure per la riduzione dei rischi nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili (elenco non completo delle aree pubbliche cui si riferisce la normativa in vigore: parchi e giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative, cortili e aree verdi all'interno e confinanti con plessi scolastici, parchi gioco per bambini, superfici in prossimità di strutture sanitarie, piste ciclabili, zone di interesse storico-artistico e paesaggistico e loro pertinenze, aree monumentali e loro pertinenze, aree archeologiche e loro pertinenze, aree cimiteriali e loro aree di servizio); il controllo delle infestanti con diserbanti e l’utilizzo di fungicidi o insetticidi in queste aree risulta vietato, essendo ammessi solo prodotti biologici.

Per meglio chiarire la situazione ecco una breve sintesi delle novità previste dalla normativa da cui discendono obblighi – anche in capo delle Amministrazioni Pubbliche - che devono coinvolgere la figura professionale del dottore agronomo e forestale (unico libero professionista abilitato in questo campo operativo) per essere pienamente rispettati negli appalti e nelle attività in campo.

In ambiente urbano, le Autorità locali competenti che intendono affidare la gestione del verde mediante gara o eseguire in proprio i lavori (la corretta individuazione non è riportata dalla legge), devono predisporre un Piano per la gestione della flora infestante (diserbi o altre azioni) che individui:
a) le aree dove il mezzo chimico è vietato;
b) le aree dove il mezzo chimico può essere usato esclusivamente all’interno di un approccio integrato con mezzi non chimici e di una programmazione pluriennale degli interventi.

In particolare sono da osservare e applicare le seguenti misure: nelle zone frequentate dalla popolazione (parchi e giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno dei plessi scolastici, parchi giochi per bambini, superfici in prossimità di strutture sanitarie) i trattamenti diserbanti sono vietati e sostituiti con metodi alternativi.

Eventuali deroghe per l’impiego dei diserbanti potranno essere concesse dall’Autorità regionale competente per il contenimento o l’eliminazione di organismi nocivi o che determinano problemi all’incolumità pubblica (ARPA, ASL?) (Attualmente solo la Lombardia ha approvato e pubblicato il PAR , Piano Regionale dei Fitofarmaci, dove sulla base del comma b) si ammette l’uso di diserbo chimico assieme a diserbi meccanici o alternativi sostituendosi ai Comuni con deroga regionale).
Si rileva comunque come, anche in caso di deroga, non si può ricorrere all’uso di prodotti fitosanitari classificati T, T+ o che riportano in etichetta le seguenti frasi di rischio: da R20 a R28, R36, R37, R38, R42, R43, R40, R60, R61, R62, R63 e R68, ai sensi del decreto legislativo n. 65/2003 e s.m.i. o le classi di pericolo e le frasi corrispondenti di cui al Regolamento (CE) n. 1272/2008.
Tenuto conto che la Regione Piemonte non ha ancora provveduto all'emanazione del proprio PAR (Piano Regionale sull'uso dei Fitofarmaci), l’uso di prodotti CHIMICI o DI SINTESI per la lotta agli insetti (prodotti autorizzati in ambito in campo extragricolo) e per il diserbo chimico sono vietati fino a quando la Regione Piemonte non farà il proprio PAR; quindi per ora sono utilizzabili i prodotti biologici che riportano in etichetta specifiche diciture per la possibilità di utilizzarli in aree extraagricole (urbane)
In merito all'uso "universale" fatto finora del glyphosate (forse meglio conosciuto con il nome commerciale di Roundup) si ricorda che, con il Decreto del 9 agosto 2016 dal 22 agosto 2016 ne è vietato l’uso in ogni situazione.

Anche per la lotta agli insetti dannosi non possono essere utilizzati prodotti fitosanitari che abbiano tempi di rientro superiori a 48 ore, e anche questi solo previa certificazione del dottore agronomo e/o forestale.
La normativa dispone inoltre dispone l'obbligo di avvisare la popolazione attraverso l’apposizione di cartelli che indichino, tra l’altro, la data e l’ora del trattamento, la sua finalità e la durata del divieto di accesso all’area trattata; l'accesso dovrà essere evitato installando adeguata e visibile segnalazione e eventuale delimitazione delle stesse. Ove possibile, i trattamenti devono essere fatti in orari in cui è minore il transito delle persone.
Sono consentiti esclusivamente trattamenti con prodotti ammessi in agricoltura biologica.
Altro capitolo importante riguarda le sanzioni a carico dell'utilizzatore che non osservi le misure stabilite a tutela dell'ambiente acquatico, delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile e delle aree specifiche di cui agli articoli 14 e 15 definite nel Piano che, fatto salvo che il fatto costituisca reato ai sensi della normativa in materia ambientale (L.N. 152), è sanzionato amministrativamente con una somma da 5.000 a 20.000 euro.
Sempre che il fatto non costituisca reato, l'acquirente e l'utilizzatore che non adempiano agli obblighi di tenuta del Registro dei trattamenti stabilito dall'articolo 16, comma 3, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria al pagamento di una somma da 500 euro a 1.500 euro.
In caso di reiterazione della violazione è disposta la sospensione da uno a sei mesi o la revoca dell'autorizzazione all'uso dei fitofarmaci.
Salvo quanto previsto dall'articolo 22, chiunque utilizza prodotti fitosanitari non autorizzati è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire 5 milioni a lire 30 milioni (art. 44).
Salvo che il fatto costituisca reato, fatta salva l’applicazione dell’articolo 23 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, si ricorda come chiunque non rispetti le prescrizioni e le indicazioni contenute nell’autorizzazione o nel permesso al commercio parallelo, nonché le prescrizioni e le indicazioni riportate in etichetta, è oggetto alla sanzione amministrativa da 35.000 euro a 100.000 euro.
Se il fatto è di particolare tenuità rispetto all’interesse tutelato, all’esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché alla sua occasionalità, alla personalità dell’agente ed alle sue condizioni economiche, lo stesso è soggetto alla sanzione amministrativa da 2.000 euro a 20.000 euro.
Sono ovviamente cifre importanti, tali da indurre a porre la giusta attenzione a quanto si riterrà d'ora in poi di porre in essere per la gestione di questo settore.
In conclusione, la normativa illustrata comporta un approccio completamente nuovo rispetto alle procedure finora adottate, specie dalle P.A, in materia di gestione del verde pubblico e del controllo di insetti dannosi alla salute pubblica (come le zanzare, per fare un esempio che riguarda l'area novarese) e che d’ora in poi la materia non può più essere gestita senza ricorrere alla figura professionale del dottore agronomo o forestale, sottolineando come la materia - in termini tecnico professionali - sia di esclusiva competenza dei dottori agronomi e forestali abilitati e iscritti all'Albo, cosa facilmente riscontrabile dalla lettura dell'Ordinamento professionale in vigore che regola le attribuzioni ordinistiche e il campo operativo specifico del dottore agronomo e forestale.

 



L’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer Cropscience: le implicazioni per l’agricoltura

 

La notizia dell’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer Cropscience nel settembre 2016 ha avuto un impatto mediatico molto importante, a differenza di quanto accaduto per l’acquisizione di Syngenta da parte di Chemcina (agosto 2016), o della fusione Dupont - Dow (Dicembre 2015).

L’acquisizione o la fusione tra ditte che operano su di uno stesso mercato non è una novità: nel campo della meccanizzazione agricola risale al 1902 la costituzione della International Harvester Corporation dalla fusione di cinque compagnie, la più influente delle quali era Mc Cormick. L’obiettivo era di completare la gamma di prodotti, di razionalizzare le reti di vendita, di condividere e completare le conoscenze e le tecniche produttive, e di disporre di un budget più importante per la ricerca e lo sviluppo. Questo permise alla nuova compagnia una notevole riduzione dei costi rispetto a quello delle ditte precedenti, e la riduzione della concorrenza sui prodotti che avevano in comune. Il rafforzamento del settore ricerca e sviluppo portò agli acquirenti il vantaggio di disporre di macchine sempre più efficienti e durature. La riduzione della concorrenza fece lievitare i prezzi? In quel caso no, perché ai tempi negli U.S.A. vi erano più di cento ditte che operavano sul mercato specifico, in grado quindi di garantire un mercato libero. È sotto gli occhi di tutti che la strategia delle fusioni fu obbligata per le ditte che vollero sopravvivere, tanto che sul mercato mondiale sono rimaste cinque multinazionali storiche, oltre ad alcune ditte nazionali che si occupano di prodotti adeguati ad esigenze specifiche: in particolare quelle asiatiche, specializzate per soddisfare i bisogni delle piccole aziende agricole locali. Rimane sul mercato quindi una vasta proposta di marchi e modelli, con una vivace concorrenza sui prezzi.

Le ditte che operano nel campo dei fitofarmaci, attività oggi poco popolare, o addirittura inutile nell’immaginario di molti, hanno avuto una evoluzione analoga. La produzione di fitofarmaci è iniziata nel secondo dopoguerra, da parte di ditte di grandi dimensioni, già strutturate nella chimica.  Negli ultimi 10 mesi, come descritto all’inizio, vi erano già stati due importanti accorpamenti nel settore. Quali peculiarità riveste quindi l’ultima acquisizione, che oltretutto non è la più importante dal punto di vista finanziario?

Il nome Monsanto attrae l’attenzione del grande pubblico, a causa dell’attività di sviluppo dei semi OGM (ricordiamo che Monsanto controlla, tra le altre, anche le note ditte sementiere Asgrow e Dekalb), ed è titolare del brevetto, ormai da tempo scaduto, della molecola Glyphosate, un erbicida (quasi) totale. L’abbinamento della molecola con varietà geneticamente modificate per tollerarla ha fornito una soluzione pratica, economica ed efficiente per il diserbo di molti raccolti, in particolare soia e mais, coltivati su enormi superfici nel mondo. L’innovazione ha portato buoni profitti alla Monsanto, che però si stanno riducendo in parallelo all’obsolescenza della tecnologia, ormai più che ventenne. Il continuo utilizzo del Glyphosate come unico erbicida ha favorito la propagazione di infestanti resistenti, che ne stanno minando l’efficacia. Il calo degli utili ed il ritardo nello sviluppare tempestivamente alternative valide ha indebolito la società, rendendola preda di una acquisizione.
Questo è un processo normale sul mercato globalizzato, salvo che Monsanto era da tempo nel mirino di alcuni agguerriti movimenti di opinione, per cui l’opinione pubblica è stata messa in allerta. Sono state sollevati, oltre alle consuete polemiche No OGM e No glifosato, anche i timori per la disponibilità delle sementi, e per il controllo globale di quel mercato. Chi si occupa di agricoltura sa che le sementi migliorate e conservate in purezza sono alla base del successo produttivo. Già in passato gli agricoltori “rinnovavano” le sementi scambiandole col vicino, od operavano in proprio una selezione massale.  L’evoluzione della conoscenza ha portato ad approvvigionarsi sempre più da produttori specializzati. Il miglioramento varietale è operazione delicata e costosa; così la riproduzione in purezza. Le sementi ibride, ormai generalizzate nel mais, ma che stanno affermandosi anche nel frumento, nel riso e su molte altre specie, intrinsecamente precludono la loro riproduzione da parte degli agricoltori.  Pochi di loro ormai riproducono la loro semente, e non per più anni: la maggior parte la acquista da ditte specializzate, che seguono le logiche del mercato globale ingrandendosi continuamente fino a diventare multinazionali. In questo modo, vendendo grandi quantità di semi, riescono a suddividere i costi di ricerca e sviluppo in modo da non gravare troppo sul singolo sacco di prodotto. È fantascientifico pensare che il “diabolico” nome Monsanto possa sparire insieme al business delle sementi modificate con la ormai obsoleta tecnologia GM? E che rimanga il marchio Bayer Cropscience per le sementi modificate tramite la tecnologia denominata CRISPR, o Genome Editing, che rappresenta il futuro del miglioramento genetico? Pare che l’opinione pubblica stia valutando con minori timori questa seconda possibilità, che non prevede spostamento di geni da una specie all’altra.

Fintanto che esiste una sufficiente concorrenza sul mercato, e su questo l’antitrust deve vigilare severamente, l’agricoltore può stare tranquillo per quanto riguarda l’approvvigionamento delle sementi, almeno per le coltivazioni più diffuse.
Le colture di nicchia saranno invece sempre più trascurate, non proponendo un mercato abbastanza ampio da generare profitti. Lo stesso vale per i fitofarmaci. Si spinge la ricerca sulle colture industriali, e si trascurano i mercati di ridotte dimensioni, lasciandoli a qualche piccola azienda che se ne occupa senza timore di essere fagocitata dalle multinazionali. La situazione è ancora più critica sul mercato europeo, dove i costi di registrazione sono elevatissimi, le norme tossicologiche più restrittive, e le autorizzazioni all’uso hanno una durata più breve che nel resto del mondo (dove esistono). Questo porta le multinazionali a focalizzare gli investimenti sulle poche colture molto estese, lasciando lo scarso spazio commerciale residuo alle aziende minori, difficilmente in grado di recuperare risorse importanti da dedicare alla ricerca. Gli agricoltori europei si trovano quindi ad affrontare un lento turnover dei principi attivi, con l’insorgere di resistenze da parte di infestanti e patogeni, con conseguente aumento dei costi della difesa delle piante, ottenendo in cambio una minore efficacia.

Dr. Giuseppe Sarasso, Ordine Provinciale Vercelli e Biella.

 


 

Dai genitori ai figli: le successioni senza litige


Abbiamo ritenuto importante affrontare l’argomento delle successioni ereditarie, che è di generale interesse per i suoi risvolti pratici di carattere economico. La prima questione riguarda la valutazione del patrimonio, ma assai più complessa e problematica è la sua ripartizione fra gli aventi diritto.
Il tema è stato scelto perché ad avvocati, commercialisti e tecnici capita spesso di dover affrontare problemi connessi alla materia. Non sempre, nonostante i consigli ed il buon senso profuso dai professionisti, questi sono riusciti a comporre le controversie insorte fra i coeredi e ad evitare il ricorso lungo e costoso ad un’azione giudiziaria. Chi scrive ritiene che semplici regole di comportamento degli aventi causa in una successione potrebbero servire in molti casi ad evitare il nascere stesso dei motivi di contesa. Da questa convinzione hanno preso spunto le note che seguono.
Il tema delle successioni ereditarie ha un rilevante contenuto giuridico, ragion per cui le stime che lo riguardano presuppongono una conoscenza precisa delle norme di legge che regolano la materia. Tali norme vengono qui brevemente richiamate.

Richiami giuridici
Si ha successione ereditaria quando alla morte di una persona (de cuius) tutti i suoi diritti ed obbligazioni di carattere patrimoniale passano ad altri soggetti. Sono esclusi dalla successione i diritti che si estinguono con la morte del titolare, come ad esempio un diritto d'usufrutto vita natural durante. La materia successoria è regolata dal codice civile agli articoli compresi fra il 456 e il 768, le cui disposizioni originarie sono state modificate ed integrate dalla legge 19/5/1975 n. 151 relativa alla riforma del diritto di famiglia.

La successione si apre al momento della morte nel luogo dell'ultimo domicilio del de cuius. Tale momento è importante sia per la stima dei beni del patrimonio ereditario sia ai fini dell'individuazione dei successori.

Partecipa alla successione chi, avendone la capacità, ne viene chiamato. La chiamata a succedere può essere a titolo universale (eredità) o a titolo particolare (legato).
Si ha chiamata a titolo universale quando l’erede subentra al de cuius nella totalità o in una quota parte dei rapporti patrimoniali, comprensiva di attività e di passività.
Si ha chiamata a titolo particolare quando il legatario subentra al de cuius nella titolarità di uno o più diritti specifici: per esempio, nella proprietà di un bene espressamente indicato. La chiamata a titolo particolare si ha pertanto solo nella successione testamentaria, quando risulta espressa la volontà del de cuius di legare un ben definito diritto ad una determinata persona.

A seconda della causa che determina la chiamata a succedere, la successione può essere legittima, testamentaria o necessaria.

Successione legittima
Si ha successione legittima, che è sempre a titolo universale, quando il de cuius non ha fatto testamento e gli eredi sono quelli previsti dalla legge.
Questi sono: il coniuge, i figli (o i loro discendenti), gli ascendenti, i fratelli e le sorelle (o i loro discendenti), gli altri parenti entro il sesto grado in assenza dei precedenti, lo Stato in assenza di parenti entro il sesto grado.
Il coniuge e i figli non sono mai esclusi, i figli escludono ogni altra categoria di eredi tranne il coniuge, il coniuge, in assenza di figli, esclude i parenti tranne gli ascendenti e i collaterali.

Nella sottostante sono riportati i possibili casi di concorso di categorie di eredi, con l'indicazione delle quote complessive per ogni categoria concorrente. Nell'ambito di ciascuna categoria la ripartizione avviene sempre in quote uguali per capi.



articoli

categorie di eredi in concorso

quote per categorie

581

coniuge
e
un figlio

1/2

1/2

581

coniuge
e
più figli

1/3

2/3

579
582

coniuge
e
genitori

2/3

1/3

582

coniuge
e
collaterali

2/3

1/3

582

coniuge
e
genitori
e
collaterali

8/12

3/12

1/12

571

genitori
e
collaterali

1/2

1/2

572

parenti entro il sesto grado

1

586

Stato

1

 

 Non è fatta distinzione fra figli legittimi, naturali, legittimati e adottivi. Ad ogni fratello unilaterale va la metà di quanto spetta ad ogni fratello germano. Ai figli e ai collaterali premorti subentrano i loro eredi legittimi (successione per rappresentazione).

Successione testamentaria
La successione testamentaria si ha quando il de cuius ha fatto un valido testamento. Le disposizioni testamentarie sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore; sono a titolo particolare se destinano ad un legatario un bene specifico.

Successione necessaria
L’attuazione delle disposizioni testamentarie può essere avversata se esse ledono gli interessi di alcune categorie di eredi, detti legittimari, a favore dei quali viene sempre riservata una quota del patrimonio del de cuius, anche contro la sua volontà. In questo caso si addiviene ad una successione necessaria. Essa non è automatica, ma disposta dall'autorità giudiziaria in seguito alla domanda di riduzione fatta dagli eredi legittimari o dai loro eredi o aventi causa.
La domanda di riduzione può essere presentata se, con disposizioni testamentarie o con donazioni fatte in vita, il de cuius ha intaccato la quota di legittima. Con la successione necessaria si reintegrano le quote legittime attraverso la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni, fino al limite della quota disponibile. Non sono soggette a riduzione le donazioni fatte da oltre vent’anni, a meno che ad esse non sia stata fatta opposizione da parte dei legittimari.

Sono eredi legittimari il coniuge, i figli e gli ascendenti legittimi.

La quota di patrimonio di spettanza degli eredi legittimari è detta quota di legittima; la restante parte del patrimonio, della quale il titolare può liberamente disporre, è detta quota disponibile. Nella tabella sottostante sono riportati tutti i casi possibili di presenza singola o in concorso di eredi legittimari, con indicazione della quota di legittima e della quota disponibile.

 

articoli

categorie di eredi legittimari soli o in concorso

quota di legittima

quota disponibile

537

un figlio

1/2

1/2

537

più figli

2/3

1/3

538

ascendenti legittimi

1/3

2/3

540

coniuge

1/2

1/2

542

coniuge
e
un figlio

1/3

1/3

 

1/3

542

coniuge
e
più figli

1/4

1/2

 

1/4

544

coniuge
e
ascendenti legittimi

1/2

1/4

 

1/4

 

Tra i coeredi legittimari della stessa categoria la quota di legittima si suddivide in parti uguali. Al coniuge sono sempre riservati il diritto di abitazione nella residenza familiare e l’uso dei mobili che la corredano.

Stima del patrimonio ereditario
Il patrimonio ereditario al momento della successione (morte del de cuius) è detto asse ereditario: esso comprende sia i beni in possesso del de cuius (beni relitti), sia i beni da lui ceduti in vita con donazioni. È in base alla sua consistenza che si determinano le quote di riserva e la disponibile.
Per stimare l'asse ereditario occorre quindi ricostruire idealmente il patrimonio del de cuius, operando la riunione fittizia delle donazioni ai beni relitti. Con questa, i beni donati rimangono in possesso ai donatari (che li dovranno restituire in tutto o in parte soltanto in caso di successione necessaria, e soltanto se l'annullamento delle disposizioni testamentarie non è sufficiente all'integrazione della legittima), mentre all’asse ereditario si imputa il loro valore.

I beni relitti debbono essere stimati a valore di mercato con riferimento al momento dell'aperta successione. I titoli, i crediti, i depositi bancari o postali vanno valutati comprendendo la frazione di interessi maturati fino al momento della successione. I debiti, siano essi di vecchia data o conseguenti alle ultime necessità del defunto (spese per cure mediche, conti d'ospedale, spese funerarie), vanno riferiti al momento dell'aperta successione con lo stesso criterio dei crediti.
La stima delle donazioni deve seguire precise regole indicate dal codice civile, che sono diverse a seconda della natura dei beni.

A partire dal momento della successione si instaura tra i coeredi una comunione ereditaria. I coeredi vi partecipano in proporzione alle quote di loro spettanza, e l'uso delle cose comuni è disciplinato dalle norme indicate dal codice civile. La comunione cessa con la divisione, con la quale ogni erede diventa proprietario esclusivo di singoli beni o di parti di essi.

Se la divisione ereditaria avviene in momenti successivi alla morte del de cuius, diversi fatti possono avere modificato il valore del patrimonio ereditario. Lo stato di consistenza di qualche bene può cambiare per naturale logorio, per accidenti fortuiti, per colpa o merito di chi ne ha esercitato il possesso. Al patrimonio ereditario si aggiungono, a far capo dal momento della successione e fino al momento della divisione, i frutti e gli interessi prodotti dai beni in comunione.
Durante la comunione possono inoltre instaurarsi fatti che danno origine a debiti o crediti di qualche erede verso i coeredi: prelevamento di denaro, godimento di frutti, spese di manutenzione, ecc.
Per i motivi suddetti, il valore dell'asse ereditario stimato al momento dell'aperta successione non serve più all’atto della divisione, ragion per cui si presenta la necessità di una nuova stima della massa dividenda.

I criteri di stima imposti dalla legge sia per la valutazione dell’asse ereditario sia per quella della massa dividenda, sono diversi e a volte complessi a seconda dei beni e dei casi, motivo per cui è quasi sempre necessario l’intervento di un professionista.

I problemi della divisione
La divisione può avvenire in via amichevole, e in questo caso vale l’accordo fra le parti. Se al contrario insorgono controversie non componibili, la divisione è diretta dal giudice istruttore che si avvale della consulenza di un perito, e si ha in tal caso la divisione giudiziale.
 
Questa avviene con il rispetto di alcune regole. Le operazioni da fare sono due: il calcolo delle quote di diritto e la formazione delle quote di fatto.  Il calcolo delle quote di diritto, una volta stimato il valore della massa dividenda, è una semplice operazione aritmetica che tiene conto delle frazioni di eredità spettanti a ciascuno dei coeredi. La formazione delle quote di fatto è un’operazione più complessa che consiste nella costituzione di porzioni di beni definiti da assegnare ad ogni condividente.

Le porzioni debbono essere omogenee, cioè comprendere una quantità di beni immobili, beni mobili, denaro, titoli e crediti di uguale natura e qualità. Ciò significa che ogni bene o complesso di beni (fabbricati, terreni, fondi rustici, ecc.) dovrebbe essere frazionato in parti proporzionali alle quote di eredità: questo non sempre è possibile e non sempre è opportuno, poiché un frazionamento può dissipare una parte del valore del bene intero.
L’assegnazione delle porzioni di uguale valore viene fatta mediante estrazione a sorte.

Se nell'eredità vi sono immobili  non divisibili, ciascuno deve essere compreso per intero in una porzione anche se la supera per valore, nel qual caso all'assegnatario sarà addebitata l'eccedenza. Se nessuno dei coeredi è disposto ad accollarsi un bene indivisibile, si fa luogo alla sua vendita all'asta, il cui ricavato rientra nella massa dividenda. Se, al contrario, il bene indivisibile è conteso da più eredi e non viene raggiunto un amichevole accordo circa la sua assegnazione, esso viene posto all'asta fra essi.

Le difficoltà sopra evidenziate di una divisione non concordata possono complicarsi notevolmente se la comunione si protrae per tempi lunghi.

Complicazioni possibili nel corso della comunione
Durante la comunione un coerede da solo può esercitare il possesso di alcuni beni, il che comporta il godimento di frutti e il sostegno di spese che andrebbero ripartiti fra i condividenti, o immediatamente o tenendone una precisa contabilità supportata da adeguata documentazione, cose che non sempre avvengono e fanno insorgere poi contestazioni.
Il bene posseduto da un singolo coerede può deteriorarsi per sua trascuratezza, a danno di tutti gli altri; all’opposto, può venire migliorato a sue spese, con acquisizione di un credito. Da un conto in banca in comunione possono essere prelevate somme per uso proprio, delle quali occorrerebbe dare rendiconto.
L’amministrazione personale di un portafoglio di titoli in comune potrebbe essere soggetta a critiche e contestazioni, se non addirittura a imputazione di comportamento illecito.
Il panorama dei possibili oggetti di controversia è assai ampio. Per questo, ci si sente di consigliare una sollecita divisione anche in caso di perfetta armonia fra i coeredi, poiché si sa che i dissapori possono comparire imprevisti per una molteplicità di ragioni.

Il prolungarsi della comunione fa correre il rischio che sopravvenga la morte di uno o più dei coeredi con suddivisione delle loro quote fra i rispettivi eredi legittimi e ulteriore frazionamento della porzione della primitiva eredità. È facile immaginare come diventi assolutamente impossibile ripartire in piccole o piccolissime frazioni omogenee beni indivisibili o anche soltanto difficilmente frazionabili, quali possono essere una casa o un terreno. Da non sottovalutare le difficoltà di una divisione quando si ha una commistione fra più masse ereditarie di diversa origine.

Poiché la comunione si prolunga necessariamente in ogni caso per qualche tempo dopo la morte del de cuius, non sono fuori luogo i suggerimenti che seguono.

Buone norme di comportamento durante la comunione
La litigiosità fra coeredi al momento della divisione è lavoro gradito per avvocati ed estimatori, ma per i diretti interessati è causa di dispiaceri che potrebbero facilmente essere evitati con un po’ di buona volontà e di correttezza nel comportamento.

Innanzitutto una persona che possiede dei beni, senza pensare che ciò affretti la sua morte, dovrebbe predisporre un testamento e non contare troppo sul buon accordo dei suoi futuri eredi. È il caso di ricordare che un testamento è sempre revocabile e sostituibile con uno nuovo se sopravvengono motivi personali che portino il testatore ad un ripensamento.

I coeredi in tempi prossimi al momento della successione dovrebbero procedere a redigere un inventario anche solo descrittivo dei beni ereditati, facendo distinzione fra quelli che erano in proprietà esclusiva del de cuius e quelli che già risultavano in comproprietà. Questa operazione non è sempre lineare e pacifica come potrebbe apparire, poiché mentre la proprietà è certa per i beni registrati, per quelli mobili può essere contestata.

Se tra i beni ereditati vi sono immobili locati, depositi bancari, titoli di credito, è bene che la loro gestione avvenga con partecipazione di tutti i coeredi. Se uno di loro si assume l’incarico di provvedervi, deve fornire in modo trasparente il rendiconto di ricavi e spese, giustificati da pezze di appoggio. Se la gestione assunta comporta degli oneri significativi, è giusto che gli venga riconosciuto un equo compenso.
Di fronte a scelte gestionali di particolare importanza (rinnovo o disdetta di un contratto di locazione, vendita e acquisto di titoli, ecc.) è comunque preferibile che la decisione sia sottoposta al vaglio di tutti, così come la vendita di beni mobili che si rendesse necessaria per sostenere spese o conveniente per motivi occasionali.

Sicuramente quanto scritto non esaurisce le problematiche legate alle successioni ereditarie, ma si sono volute mettere in evidenza alcune questioni fondamentali.  In un prossimo articolo accenneremo alla legge 76/2016 che ha modificato il diritto di famiglia con il riconoscimento delle convivenze.

Dino Franchi - Gian Carlo Ragagnin



 

Prossimi eventi organizzati da ODAF del Piemonte e Vda

 

18/10/2016 - "Il buon governo attraberso la cultura della legalità". Convegno sull’Anticorruzione con la straordinaria partecipazione ANAC (legge n. 190/2012) . Evento organizzato dal Lions Club Tortona Host con i patrocinio della nostra Federazione, pertanto ai dottori Agronomi e Forestali presenti saranno riconosciuti nr 0,5 CFP.
Poichè è prevista una consistente affluenza di pubblico si sottolinea l'importanza dell'iscrizione entro il 7 ottobre 2016 utilizzando uno dei seguenti contatti per garantirsi l'accesso alla sala: Comune di Tortona - Daniela Raschia danielaraschia@comune.tortona.al.it, tel. 0131.864479.

20/10/2016 - "Paesaggi all'aperto". Terzo seminario del ciclo di 'Incontro con il paesaggio' realizzato nell'ambito dell'attività didattica del corso di laurea magistrale interateneo in "Progettazione delle aree verdi e del paesaggio" tra l'Università degli Studi di Torino, il Politecnico di Torino, l'Università degli Studi di Genova e l'Università degli Studi di Milano. L'incontro, tenuto dall'arch. Luca Catalano e dall'Arch. Annalisa Metta dello studio OSA architettura e paesaggio di Roma, si terrà giovedì 20 ottobre al Castello del Valentino di Torino in aula Vigliano. È necessario effettuare la prenotazione inviando una mail di conferma a: andrea.vigetti@unito.it.

21/10/2016 - "Flavescenza dorata e gestione del territorio". Winetwork è un progetto finanziato dall’Unione Europea a cui partecipano 7 stati e 10 regioni, tra cui, per l’Italia, il Piemonte e il Veneto. Il progetto riguarda due malattie che affliggono gravemente la viticoltura europea, la Flavescenza dorata e il complesso delle malattie del legno (Esca e affini). Partner italiano del progetto è la Società Italiana di Viticoltura ed Enologia, che organizza un workshop internazionale per il 21 ottobre 2016 alle ore 9 presso il teatro Comunale di Moncalvo (AT).

24-25/10/2016 - "Pioppicoltura e arboricoltura da legno in Italia". Centro di ricerca per le foreste e il legno, Casale Monferrato, Strada Frassineto 35. Opportunità e prospettive alla luce degli avanzamenti della ricerca e della nuova programmazione dello sviluppo rurale.